venerdì 19 giugno 2009

Piccola Rivincita

Stanotte di ritorno da una cena, ho trovato il mio posto occupato da un'altra macchina. Con il conducente all'interno beatamente appoggiato allo schienale del sedile. Il mio assistente da un leggero tocco agli abbaglianti per destarlo dall'apparente sonno.
Non si muove un muscolo. Ne da un altro e il tipo improvvisamente si rianima facendo segno di non rompergli le palle. Da sotto al suo volante sbuca una testa che con un movimento vago si appoggia alla sua spalla. Il mio assistente indica il palo con la targa del posto riservato. La testa sbucata da un'occhiata fuori, si rende conto e si sposta sul sedile che le compete. Mentre il conducente si scusa, mette in moto e ridendo se ne va. Mi dispiace di averti rovinato un pompino, ma da ora in poi sono sicuro che controllerai dove ti parcheggi. Almeno in determinate occasioni, che è già qualcosa...
Stamattina mi ha contattato il Sig. Soru. La persona che, come riportato nel post relativo alle pensioni arretrate, ha ignorato le mie telefonate per mesi. Il signore è contrariato per quello che ho scritto. Secondo lui non ho detto la verità e mi sono nascosto dietro un blog per calunniare senza motivo.
Ho già risposto al signore per telefono, ma volevo ribadire alcuni fatti:
ho riportato tutto quello che è successo fedelmente, è la pura verità con testimoni pronti a confermarlo; nascondersi dietro un blog di pubblico utilizzo è una contraddizione in termini; se non si risponde alle chiamate perchè impegnati in riunioni e quant'altro, si può sempre richiamare dopo (diciamo che sarebbe quantomeno di buona educazione). Il mio non è stato mai un attacco a una persona, ma una denuncia di un disabile a cui accadono cose ingiuste. La telefonata di stamattina ha assunto toni metafisici che si collocano in una sfera che non mi compete. Se volesse rispondermi, il blog come ho già detto è pubblico e si possono lasciare commenti.

domenica 14 giugno 2009

Sono nell’atrio dell’ospedale.
Sto cercando di prendere l’ascensore, l’unico ascensore funzionante. Il mio reparto è al quarto piano.
Ci sono molte persone in attesa, tutte sparpagliate a semicerchio ma senza un ordine preciso, pronte ad avventarsi sulla preda come felini in agguato.
Ci sono anche le scale. Proprio accanto alla porta dell’ascensore, ma nessuno le prende. Nessuno le nota.
Guardano solo il display digitale che segna in quale piano si trova il mezzo, preparandosi all’assalto.
Cerco di farmi notare spingendo la carrozzina tra due persone, che per tutta risposta non si muovono e sbuffano senza degnarmi di uno sguardo. Mi sposto verso destra e riesco quasi a raggiungere l’entrata costeggiando il muro umano, ma stavolta tre signore si lanciano all’apertura della porta tagliandomi la strada.
Sono confuso. Non capisco cosa sta succedendo. Possibile che sia diventato invisibile? Perché nessuno mi nota? Per quale motivo nessuno si fa da parte? Perché nessuno usa le scale?
Se potessi camminare io le userei. Che siano anch’esse invisibili? Mi rivolgo al mio assistente:« Forse facciamo prima dalle scale». Lui si che mi nota e nota anche le scale e mi guarda come se fossi impazzito. In effetti solo pensare di fare quattro piani di scale in carrozzina è da malati mentali.
Di colpo la confusione svanisce. Il momento surreale in cui avevo sguazzato, anche con un minimo di piacere dovuto alla novità, torna a far parte della cruda realtà.
«AAAAHOOOOOOO!!» grido con tutta la forza che ho nei polmoni,
« Me lo fate prendere questo cazzo di ascensore o devo chiamare la polizia??».
Ora mi guardano tutti. Ora si che mi notano. La piccola folla si apre neanche fossi il Papa. Arrivo davanti all’ascensore che si chiude, pieno, mentre una ragazza mi guarda negli occhi scusandosi imbarazzata. Il punto sta proprio nella differenza che c’è tra guardare e vedere. La differenza di concentrazione che si mette nel guardare e nel vedere. Perché ognuno è concentrato su cosa gli serve guardare, tutto il resto lo vede soltanto.E diventa invisibile. Serve una scossa allora, per destare il dormiente. Per spostare l’attenzione dal display digitale all’essere umano. Per vergognarsi dei propri limiti. Per salire ogni scala, finchè si ha la forza di farlo. Per non sentire più la frase:«Carrozzine in giro per la città se ne vedono poche».