giovedì 4 settembre 2008

LE PENSIONI ARRETRATE Capitolo 9

Un anno e un mese fa mi sono messo in contatto con  l'Ital-uil, un patronato che assiste gratuitamente il cittadino nella contribuzione, nella domanda di pensione, nella disoccupazione e quant'altro. Nel mio caso, per richiedere pensioni di invalidità civile arretrate e per vedermi assegnata tale pensione con regolarità mensile, dato che il mio reddito rientra, ahimè, nella cifra limite imposta dall'inps. Mi reco, munito dei modelli unici degli ultimi otto anni e del certificato di invalidità, negli uffici del patronato in Via Cavour. Incontro la signora Bianca, con la quale controlliamo le dichiarazioni dei redditi. Tre di esse rientrano nei parametri richiesti. Compiliamo insieme la domanda, non senza una certa soddisfazione anche da parte della signora, visto che la cifra si aggira intorno ai tredicimila euro. Unico neo: per ricevere la somma ci vogliono sei mesi. Siamo a Luglio (2007), per Gennaio (2008) dovrei vedermeli apparire, come per magia, sul conto corrente. Non ho fretta per fortuna. Non ancora almeno. Arriva Gennaio e sul mio conto appaiono, senza alcun trucco magico, solo bollette da pagare. Chiamo l'ital-uil e parlo con una signora che, ovviamente, non sa niente della mia domanda. L'unica cosa che sa, è che Bianca non lavora più la da cinque mesi. Attacco e chiamo l'amico che a suo tempo mi aveva consigliato il patronato. Gli racconto l'accaduto. Dopo qualche giorno mi richiama: ha parlato con un signore che lavora nell'amministrazione del patronato, il quale, dopo aver ricevuto una "bustarella" contenente una maglietta originale della Roma e due biglietti per lo stadio (da me acquistati insieme alla maglietta), inizia a indagare sulla scomparsa della mia domanda. L'arcano è presto svelato. La mia domanda non è mai partita. Più precisamente, non ha mai lasciato lo scaffale dell'ufficio della fu impiegata dell'ital-uil Bianca. Il tipo dell'amministrazione mi mette allora in contatto con il signor Maurizio Soru, altro membro del patronato che lavora a stretto contatto con l'inps, promettendo che avrebbe sensibilmente accorciato i tempi di attesa per la ricezione dei miei arretrati. Siamo a Gennaio. Arriva Giugno e ancora non è successo niente. Sul mio conto appare di tutto, tranne il bonifico atteso. Chiamo il Soru per avere notizie. Dopo un paio di giorni di tentativi lo trovo. Mi dice che la mia pratica è in risoluzione e mi da appuntamento telefonico a metà Luglio, per comunicarmi la data esatta in cui riceverò il bonifico. Evviva, penso, finalmente ci siamo. Dopo un anno di attesa vedo la meta. Purtroppo canto vittoria troppo presto. Dal quindici al trenta Luglio lo chiamo, di media, tre volte al giorno senza ricevere mai risposta. Di contro, all'ultima telefonata mi attacca in faccia. Inizio a perdere la pazienza. Anzi no, la perdo del tutto. Contatto di nuovo l'amministratore oliato e gli vomito addosso (molto educatamente) l'accaduto, condito con ciò che penso riguardo al Soru. Mi promette che mi richiamerà a breve, dopo aver fatto chiarezza sull'episodio. Sorprendentemente mi richiama il giorno dopo, scusandosi "per la sgarbatezza del signor Soru" (parole sue) e lasciando il numero di Anna Franco (l'avranno chiamata Anna per l'italiofona omonimia?), altro membro della scuderia ital-uil che intrattiene rapporti diretti con l'inps. Signora "affidabile e preparata" (sempre parole sue). Altra giostra, altro giro. Chiamo. Mi tratta con una sufficienza che più sufficienza non si può. Dice di conoscere la mia situazione e di aver già sollecitato l'inps riguardo al pagamento. Dice anche che domani, suo ultimo giorno di lavoro, sarà all'inps e farà un nuovo sollecito. 
«Allora la chiamo domani per conoscere l'esito del sollecito?» chiedo.
«Se vuole...».
E' chiaro che voglio. E così faccio. Mi risponde proprio dall'ufficio inps che si occupa dei pagamenti, con la stessa sufficienza:« E' tutto a posto, riceverà le pensioni arretrate e la nuova pensione d'invalidità tra un mese».
Siamo ai primi giorni di Agosto, dovrei vederle arrivare per Settembre. Visti i precedenti, stavolta non esulto e mi faccio dare il numero di protocollo della pratica. Me lo da con riluttanza, dicendo che per controllare devo recarmi sul posto. La cosa mi insospettisce. A distanza di qualche giorno, un venerdì, mi faccio accompagnare all'inps da un amico. Cerco di prendere il numeretto, ma la macchina non da segni di vita. Mi avvicino al banco informazioni e scopro che gli sportelli che si occupano delle pensioni d'invalidità, ricevono il martedì e il giovedì. Tanto per rendere la vita più facile. In compenso noto che finalmente i disabili con gravi difficoltà motorie (presente!), non devono più affrontare la solita interminabile fila. C'è tanto di cartello affisso a indicarlo. Una novità dell'ultima ora. Finalmente qualcuno sta cercando di abbandonare le caverne. Mi ripresento il martedì successivo con qualsiasi tipo di documento e il numero di protocollo. Non faccio la fila. Spiego tutta la situazione all'impiegata (due volte) la quale, senza bisogno del numero, controlla la mia situazione. Mi guarda.
«Allora?»
«Non le posso dire niente, deve parlare con il patronato».
«Ma io sono qui per controllare se il patronato si sta realmente occupando della mia pratica».
Alzo un minimo la voce dicendo che sono disposto a buttarmi per terra davanti alla sua scrivania se non si fa chiarezza su questa storia. Voglio parlare con un responsabile. L'impiegata ora mi ascolta: stampa un foglio e scrive in cima il nome della tipa dell'ital-uil, insieme al mio numero di telefono e a qualche altro appunto. Mi dice di tornare martedì prossimo per parlare con la signora Cosimi, perchè adesso l'ufficio è ancora chiuso:«Sono tutti in ferie, sa è Agosto». Certo, la gente smette di avere problemi in Agosto. Non si sta male, non si ha bisogno delle istituzioni. Agosto, in Italia, è un mese ai confini della realtà. Sospeso nel nulla. Tutto si ferma, è normale. Lo stesso giorno parlando con Massimiliano, un mio fratello acquisito, viene fuori che un suo amico di famiglia, Enzo, ha lavorato per anni con diversi patronati, e lavora ancora a stretto contatto (udite udite)  proprio con l'ufficio a cui compete la mia pratica. Chiamo senza indugio, spiego per l'ennesima volta. Conosce la signora Franco. E' lunedì, mi chiede di mandargli via sms i miei dati insieme al numero di protocollo, che a questo punto ricordo a memoria, e mi rimanda a mercoledì. Oggi. Lo chiamo verso le sette di sera, preoccupato di non aver ricevuto ancora nessuna chiamata.
«Tutto bene. Ti hanno spedito la lettera che annuncia ufficialmente l'arrivo della pensione e degli arretrati,» mi dice con voce soddisfatta, «Comunque io mercoledì prossimo do un'occhiata. Credere va bene, controllare è sempre meglio». 
Lo ringrazio di cuore. Stavolta ci credo anche prima del controllo e mi sento sollevato, anche se in verità sono già entrato in ansia da attesa posta. Dulcis in fundo, sto per sedermi a tavola (...) quando squilla il telefono. Sul display appare il nome: Maurizio Soru, il tipo che non rispondeva mai. Non è possibile. Rispondo immediatamente e sento il classico rumore dell'apparecchio che balla nelle tasche, condito da voci femminili in lontananza. Non resisto e gli mando un sms: «Per quindici giorni non ha risposto alle mie molteplici chiamate. Stasera le è inavvertitamente partita una telefonata diretta proprio a me. Alla faccia dell'ironia!». 

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