mercoledì 2 marzo 2011

Incontri (un racconto breve scritto mesi fa...)

Vago per strade a me familiari, in mezzo alle ombre di ciò che potrebbe essere stato mio, di ciò che ho perso e di quello che sarei potuto diventare. Credo siano pensieri comuni dopo una certa età. Si invecchia e si pensa agli errori commessi, alle occasioni mancate. Solo che io una certa età ancora non ce l’ho. Non sono neanche vicino ad averla. Si dice che uno è vecchio quando vive di ricordi. Io semplicemente ricordo, ma non mi sento vecchio. Forse sono proprio le proiezioni nel mio passato a tenermi in vita. Così lontano ormai che sta diventando sempre più difficile metterlo a fuoco. Un passato sfocato, ma ancora vivo e vibrante.

Se non fossi mai tornato da New York?
Se avessi comprato la nuda proprietà della casa in fondo alla via?
Se avessi suonato la tromba invece della chitarra?

Certo sarebbe un altro presente. Chissà se più o meno doloroso e difficile di questo. E un nuovo passato, e un futuro incerto, com’è giusto che sia.
Vorrebbe dire cancellare incontri, amicizie, amori. Cancellerei anche tanto dolore, ma per trovarne di nuovo e sconosciuto. Insomma tabula rasa e via, si ricomincia da zero. Da una tela immacolata.
Ma io non ho voglia di ricominciare, non voglio cancellare il quadro che a fatica ho dipinto finora.
Apro gli occhi e sono davanti al ristorante di Aria. Sorpreso. Mi ero scordato di essere uscito per venire qui. Guardo i tavoli fuori, pieni di gente. Una ragazza di schiena, con taccuino e penna in mano, prende un ordine. E’ una schiena che non ho mai visto. Si apre il portellone del furgone: è Michele che mi saluta e inizia immediatamente le operazioni per farmi scendere.
«E di chi sarebbe quella bellissima schiena?», chiedo.
«Sarà Daniela»
«No, Daniela la conosco e quella schiena se la sogna»
«Gina?», Michele continua a rispondermi senza guardare, intento a liberare la carrozzina dalle cinghie che la bloccano.
«Gina di spalle sembra un giocatore di rugby, se magari ti fermi un secondo e guardi la finiamo con l’interrogatorio». Si ferma giusto l’attimo necessario per darle un’occhiata distratta:
«Non l’ho mai vista»
«Ma è il ristorante della tua fidanzata o no?»
«Sarà nuova».
Come potrei vivere un presente senza Michele. Non sembra esserci cosa in grado di sorprenderlo o coglierlo impreparato.
Entriamo nel ristorante e veniamo accolti da Aria e da suo padre Gianfranco, romano doc vecchio stampo. Mentre lo saluto, la ragazza che avevo visto di schiena mi passa davanti con due portate in mano. Mi sorride. E’ un sorriso dolce, solare anche se di passaggio. Un sorriso indaffarato. E un bel viso.
Gianfranco ci sistema di fuori, vicino alla cucina:«Così magni prima».
Saluto il resto del personale e mi faccio elencare i piatti del giorno. Tanto so già che ordinerrò la pasta con le telline. Vado a periodi, e questo è il periodo che mi piacciono le telline. Tra un po’ passerò al risotto agli scampi piuttosto che ai vermicelli coi moscardini. Una bottiglia di bianco fredda e un secondo.
«Chi mangia?», eccola di nuovo con tovaglioli e posate in mano.
«Io bevo», dichiara con la solita flemma Michele.
«Io mangio e, se avanza, berrei anche».
Sorride ancora. Sistema il coperto e mi porta il pane. La ringrazio.
Mangio la tellina e ordino anche il tonno alla griglia, annaffiando il tutto con l’ottimo vino. Sono di spalle rispetto agli altri tavoli esterni; vorrei sapere dov’è, guardarla per cercare il suo sguardo. Sperare che si avvicini per scambiare una battuta. Vivere quel momento di beato conflitto quando non sai dove troverai il coraggio per aprire bocca. Ma la carrozzina è bloccata sotto al tavolo e il mio collo non è più mobile come una volta. Potrei chiedere ad Aria di presentarmela o di portarla al tavolo, ma non voglio trucchi ne strategie. Mi basta uno sguardo sincero. Finisco la cena senza vederla. Anche perché il mio tavolo è circondato da tutto il resto del personale più proprietari. Ne deduco che lei sta impazzendo dietro al resto del ristorante.
«Non saremo in troppi a servì ‘sto tavolo?», come se mi avesse letto nel pensiero e con tutto il carico della sua romanità, Gianfranco riavvia i cervelli sopiti dei lavoranti, che riprendono le rispettive posizioni. Sembravano lavorare solo per il mio tavolo. Come potrei sopportare un presente senza le persone che ho intorno; che ho conosciuto dopo l’incidente; che amo profondamente.
Finisco la cena e il vino. Mi libero dalla morsa del tavolo e mi metto schiena al muro per riuscire a guardarla. I tavoli fuori sono vuoti e di lei neanche l’ombra. In effetti è già mezzanotte. Il mio girovagare mi aveva fatto arrivare tardi.
Finalmente la vedo uscire. Ha sciolto i capelli. Apre lo sportello della macchina e mi guarda.
«Ciao» le grido quasi senza volerlo.
«Ciao» mi risponde con lo stesso sorriso solare, stavolta meno indaffarato ma sempre di passaggio. Entra nell’auto ma continua a guardarmi. E’ semi nascosta da una pianta ma sento i suoi occhi addosso. Lo sguardo sincero. Rimani ancora li, ferma con la macchina in moto. Se potessi alzarmi verrei a convincerti che devi rimanere, che stai commettendo uno sbaglio di cui ti pentirai per sempre. E chissà cos’altro sarei in grado d’inventarmi per non lasciarti andare. Ma tu stai uscendo dal parcheggio e io sono inchiodato qui. E’ mezzanotte, sei Cenerentola e scappi via. Ma non lasci scarpette, e io non sono il principe azzurro.
Magari la prossima volta ti fermerai per qualche minuto, magari mi rivolgerai la parola, magari mi penserai un po’, magari non ti ricorderai nemmeno di avermi visto.
E allora ti porterò un fiore.
E questo racconto attaccato al gambo.
E la consapevolezza che qualcuno non potrebbe sopportare di vivere un presente diverso.

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Finalmente! Sono 13 giorni che aspetto che tu scriva qualcosa, Lorenzo. Come tutte le altre volte, leggere le tue parole, mi suscita emozione, in particolare il ricordo di tutto il contrabbando di sguardi di cui è disseminata la mia vita. Oggi dopo aver visto " Lo Sfidante " ( a proposito che ne pensi ?)cerco di osservare la mia emozione in modo totale ma senza identificarmi con essa. E' difficile....( Bravo eh?! )
Grazie.
giò

Lorenzo Amurri ha detto...

''Lo Sfidante'' sarebbe ''The Fighter''?

Anonimo ha detto...

No, è proprio " Lo Sfidante " un film documentario, che trovi sul sito omonimo, dura 3 ore e mezza, ma si può vedere anche a rate o scaricare gratuitamente.....fammi sapere ( anche se lo trovi noioso....ha un ritmo molto lento, ma anche io, mi sono sempre sentita " lenta ", in fondo )
cià.
giò

Tabata Potter ha detto...

Lorenzo, il tuo racconto l'ho letto tre volte: la prima con ingordigia, per sapere di cosa parlava e come andava a finire, la seconda per focalizzare meglio quello che dicevi, la terza per scoprire il non detto, per individuare quanto hai lasciato tra una riga e l'altra. Io sono arrabbiatissima per quello che ti è accaduto, io odio quello che ti è successo e te lo dico anche a costo di farmi mandare affanculo (e se lo farai non me la prenderò neanche perchè avretsi ragione e io forse farei di peggio). Voglio anche dirti, da addetta ai lavori, che sei proprio uno scrittore perchè hai il dono speciale di far apparire davanti agli occhi di chi ti legge tutto quello che descrivi. Compreso il gambo con sopra il racconto. Tvb

Lorenzo Amurri ha detto...

Che dire? Anche io logicamente non sono contento di stare su una sedia a rotelle. Sono consapevole però che, se non mi fosse successo, non avrei mai scoperto di poter scrivere. Può sembrare banale, ma non tutto il male viene per nuocere. Mandarti a quel paese è l'ultimo dei miei pensieri. Se io sono uno scrittore, tu sei un'eccellente scrittrice. Un forte abbraccio!

Anonimo ha detto...

Complimenti!
la tua scrittura mi emoziona e mi fa sentire sopratutto calma e forte.

Ciao mi chiamo Roberta

Anonimo ha detto...

soprattutto

ho corretto l'errore

Lorenzo Amurri ha detto...

Grazie Roberta!

Anonimo ha detto...

Caro Lorenzo, io mi chiamo Giovanna.
Da quando ho letto il tuo blog tutto in una volta, durante il giorno penso spesso a cosa stai facendo e a come stai. Una sera ho cucinato i pomodorini al gratin in tuo onore. Non sono una svitata, ho 50 anni e da poco ho perso mio padre. Il fatto è che TU riesci a farmi guardare dentro,( per questo ti avevo chiesto se avevi visto " Lo Sfidante ") ma non ha nessuna importanza in fondo. Io vorrei sapere di TE. Per questo motivo ti scrivo il mio indirizzo e-mail : neveforever@libero.it.
Se non vuoi scrivermi, ti capisco perfettamente e ti voglio bene lo stesso, e quando uscirà il tuo libro, lo comprerò subito.
Ti abbraccio!
giò

moi ha detto...

Bellissimo. Anche qui in tante righe c'è molto di me. Pochi giorni fa ho lasciato andare una persona per la seconda volta. Avrei voluto scambiarci due chiacchiere, tutto qui, e invece sembrava che la paralisi avesse preso anche le mie labbra. Che brutto..sentirsi estranei dopo aver fatto un pezzo di strada insieme..anche se un bel po' di tempo fa. Non sono vecchia, anzi. Ma vivo di ricordi. Mi nutrono e mi distruggono. Vivo di passato. E'più forte di me. E prendo tutto il buono di questa seconda vita. Ma resta il grande amore che avevo per la prima. Ringrazio il Cielo comunque per esserci ancora. E cerco di guardare sempre positiva a quello che mi resta. Ma gli occhi, birichini, troppo spesso cadono su quello che ho perso. Sono un esserino nostalgico insomma. Ma anche in questo Secondo Tempo trovo tanti momenti e incontri belli da vivere e portare con me.

Lorenzo Amurri ha detto...

Hai avuto un incidente? Se si, da quanto? E quanti anni hai?

moi ha detto...

15 anni e poco più, primo tempo..e da 6 e mezzo mi vivo il secondo..incidente stradale..

Lorenzo Amurri ha detto...

Quindi se ho capito bene hai ventuno anni. Sei giovane. Nonostante questo dalle tue parole dimostri di aver imboccato la strada giusta, psicologicamente intendo. E' chiaro che nessuno di noi vorrebbe gli fosse successo questo delirio, ma riuscire a conviverci prendendone i lati positivi non è da tutti. Pensare al ''primo tempo'' è normale, ma più passano gli anni e meno ci pensi. O comunque ci pensi senza malinconia. Di dove sei?

moi ha detto...

Profondo Sud