giovedì 24 dicembre 2009

E' la vigilia di Natale e mi sento un po' Mr. Scrooge. Non sono ne scontroso ne tirchio, ne tantomeno penso che il Natale sia una festa inutile. Anzi a me piace, e mi piacerebbe passarlo insieme alla mia famiglia, come facevamo quando papà era vivo. Invece mi ritrovo qui nella mia immensa casa da solo. La governante, prima di scappare via per paura di perdere l'autobus, mi ha apparecchiato la tavola e sistemato il cibo in modo che potessi mangiarlo da solo. Almeno non mangio la zuppa rancida direttamente dal pentolino tipo Scrooge. Ho fatto entrare i cani per avere un po' di compagnia. Mi guardano da lontano pietosi sperando che gli conceda un assaggino del mio pasto. Cosa che, come sanno bene, non accadrà. Finito di mangiare mi seguono in camera e si piazzano davanti alla stufetta che li illumina come un camino. Penso a mia sorella Valentina in montagna con figlio e marito, che del Natale se ne fotte; penso a mio fratello Franco con moglie e figli, anch'egli in montagna a festeggiare il Natale con i genitori del fidanzato della figliastra (madonna che incrocio); penso all'altra sorella Roberta, che voleva portarmi con se ma la casa dove sta non è accessibile; e penso a mia madre che sta dalla suocera (dove non sarei andato neanche dietro compenso). Dopo tutto questo pensare mi chiedo perchè non passiamo il Natale insieme, e sinceramente non trovo una risposta soddisfacente. Mi chiedo anche se sia giusto o meno che io lo passi da solo. Non che mi dispiaccia, ma non essendo autosufficiente è un minimo pericoloso in realtà. Credo di dover arrendermi al fatto che prima metto su famiglia, prima smetto di stare solo a Natale.
Ah dimenticavo, Buon Natale a tutti!

lunedì 21 dicembre 2009

Buon Natale a tutti. Sono successe diverse cose in questo mese, inizierò in ordine cronologico.

Alla fine di Novembre mi contatta un mio amico artista. Mi chiede se mi va di aiutarlo a portare a termine un'installazione nell'ambito della manifestazione «Luci d'Ancona» ad Ancona appunto. Si tratta di far suonare un intero conservatorio dalle sue finestre che si affacciano su una piazza dove c'è l'antica fontana delle tredici cannelle, e di far suonare anche la fontana. Rimango un secondo in silenzio. Non ho capito niente, neanche lui in realtà, ma continuiamo la conversazione. Alla fine ci capiamo. Dobbiamo registrare la vita pulsante del conservatorio: le lezioni, le prove, l'orchestra insomma tutto quello che succede al suo interno normalmente. Una volta acquisito e ascoltato il materiale, selezionarne una parte per una composizione che suonerà attraverso le quindici finestre della facciata del palazzo del conservatorio che si affacciano in Piazza Roma, nel cuore del centro di Ancona. In più dobbiamo fare in modo che suoni anche la fontana: invece che acqua, dalle tredici cannelle deve uscire suono. Molto coinvolgente e interessante come progetto. Accetto l'incarico con grande entusiasmo e chiamo subito Marco, il mio socio nei lavori musicali, per curare tutta la parte tecnica. Mia madre e mio padre sono di Ancona e quindi gran parte del mio «parentado» risiede in città. Chiamo mia cugina Monica che è felice di ospitarmi a casa dei genitori. Mia zia Irma inizia subito a chiedere cosa voglio mangiare durante la mia permanenza. Vorrebbe che le scrivessi un menù pranzo cena per tutti i giorni che ho intenzone di fermarmi, che sono sempre troppo pochi. Partiamo di martedì e iniziamo le registrazioni la sera stessa. Ci sono le prove dell'orchestra del conservatorio. E' come entrare in un mondo nuovo, incontaminato. In tanti anni di musica non sono mai entrato in un conservatorio, non ho mai visto le prove di un'orchestra dal vivo. Sembra tutto molto semplice. I musicisti sono quasi tutti maestri e ogni ordine del direttore viene eseguito alla perfezione. E' veramente emozionante anche se ha molto a che fare con la matematica oltre che con la musica. La mattina dopo arriviamo presto. Dalla strada si sentono diversi strumenti risuonare nell'aria. Insieme a Paolo, l'artista responsabile dell'installazione, incontriamo Francesco che si occupa delle riprese video. Entriamo e ci mettiamo al lavoro. Montiamo tutto il setup di macchine e computer per registrare su un carrellino gentilmente offerto dal guardiano, e con asta e microfono iniziamo a introdurci nelle stanze dove sentiamo attività musicale. Mentre Francesco riprende tutto quello che può cercando di essere il meno invasivo possibile. Addirittura rubando immagini dai buchi delle serrature delle porte, neanche fosse Tinto Brass. La vita del conservatorio viene piacevolmente scossa dalla nostra bizzarra presenza e tutti si dimostrano più che disponibili alla nostra pacifica invasione. Incontriamo il preside dell'istituto che ci aiuta consigliandoci in quali aule andare e presentandoci ai vari maestri insegnanti. Col passare del tempo diventa una caccia alla musica o situazione più interessante. E' così che conosciamo Cettina, una pianista catanese di ventuno anni. Un mostro di bravura. Io personalmente vengo rapito dalle sue esecuzioni e la tengo d'occhio tutto il giorno. Nel pomeriggio la vedo entrare con una sua amica pianista orientale in una stanza con due pianoforti:«Suonate ancora?»
«Giochiamo un po'».
Giochiamo? Chiamo subito i ragazzi e gli ficchiamo il microfono dentro. Le due ragazze, stimolate anche dalla nostra presenza, si lanciano in una serie di duetti mozzafiato divertendosi come bambine. Ridono e, appunto, giocano. E' qui che sta il succo di tutto quello che è il conservatorio. Molti musicisti come me, lo hanno sempre visto come un luogo tetro, popolato da maestri super severi dove studiare musica diventa un supplizio degno di un luogo di tortura medievale. Chiaramente non è così, è un posto dove lo studio e l'applicazione sono molto importanti quanto lo è il gioco. E i maestri sono, molte volte, i primi a giocare. Continuiamo le registrazioni fino alle nove di sera, nel frattempo ci raggiunge mia cugina e insieme ce ne torniamo a casa. Dove zia Irma e zio Maurizio ci attendono con una tavola imbandita e fumante. Me ne vado a letto pieno come una botte e soddisfatto per la giornata positiva e piena di scoperte. L'unico problema è che nella stanza che ospita me e il mio assistente c'è una temperatura da cella frigorifera. Mi ficco completamente sotto due coperte di lana pesante e risbuco fuori come uno scoiattolo dalla tana solo la mattina. Il ritornello al conservatorio è sempre lo stesso: noi che giriamo di aula in aula con le nostre orecchie tecnologiche a rubare momenti musicali. Oggi è la volta dei cantanti lirici. Hanno voci cosi potenti che bisogna stare estremamente attenti ai volumi. Riusciamo a registrare anche dei percussionisti che si impegnano alla grande una volta capito il progetto. Alla fine della giornata mi rendo conto che sto vivendo in un mondo parallelo che, nel giro di due giorni, mi ha coinvolto nel suo moto vorticoso dove il suono è l'unico aspetto importante. Ora capisco l'introversione o la particolarità di molti musicisti classsici. Qui si è estranei al mondo reale. Le notizie, l'attualità, la politica non hanno alcun significato. Non ha importanza ciò che succede al di là delle note del pianoforte di Cettina o della marimba di Alessandro. Qui si vive di questo e nient'altro importa. Forse è questo il mondo veramente reale ed è finzione quello fuori del portone del conservatorio. Me ne torno a Roma contento per il materiale registrato e per l'esperienza vissuta. E ingrassato di un paio di chili grazie alla fantastica zia Irma. (Fine prima parte).

P.S. Ho omesso un piccolo particolare. L'ultimo giorno mentre giravamo per il conservatorio, Paolo ha deciso che era ora di giocare alle corse in carrozzina e ha accellerato all'improvviso senza avvertirmi. Risultato: la mano destra mi è finita tra i raggi della carrozzina in corsa e mi sono fratturato e lussato il mignolo. Ogni commento mi sembra superfluo.

domenica 6 dicembre 2009

Scrivere, pubblicare - tutto ciò non è che vanitas vanitatum. Tutte le cose che nascono in modo non disinteressato non sono le migliori. Il meglio è ciò che non viene annotato, che è stato creato e scompare, che si scioglie senza lasciare traccia, e solo il lavoro creativo che il poeta sente, e che non si può confondere con nient'altro, è la prova che una poesia è stata creata, che il bello è stato creato. (Salamov)
Un vero gentleman è quella persona che sa suonare la fisarmonica, ma non lo fa...

giovedì 3 dicembre 2009

Im memoria di Roberto

Ci sono cose nella vita che non dovrebbero mai succedere. Eventi per i quali ci dovrebbe essere una sorta di immunità naturale, una legge universale non scritta: un genitore non dovrebbe mai piangere un figlio, un padre lasciare dei giovani figli e per due innamorati ci vorrebbe una soglia sull’età, nessun tipo di complicazione prima dei settantacinque anni. Ho visto Roberto qualche settimana fa. E’ passato a farmi un saluto veloce. Si è fermato sulla porta della mia stanza perché era raffreddato e non voleva correre il rischio di passarmi i suoi microbi. Come al solito abbiamo iniziato a parlare della Roma. Era più forte di noi, dopo il consueto «ciao come stai» partiva la discussione calcistica. O meglio, partiva il monologo di Roberto in Mi maggiore intervallato da quelle quattro o cinque sillabe che mi lasciava pronunciare. Ma a me piaceva sentirlo. I suoi ragionamenti non sempre rispecchiavano la realtà, ma filavano via veloci e sicuri come un’auto da corsa. Anzi, forse il gioco era proprio quello: non vedevo l’ora di accendere il motore per sentirne il rombo imponente. Questa volta non mi hai aspettato, hai acceso il motore e sei partito da solo. Questa volta hai recitato un monologo silenzioso, senza lasciare spazio ad alcuna sillaba. Sei stato troppo veloce amico mio. Ciao Roberto.