Oggi voglio parlare di giustizia e tutela, raccontando quello che mi è successo nell’ultimo mese e mezzo, con particolare attenzione sugli ultimi cinque giorni. Un mese e mezzo fa, ho comunicato verbalmente al mio ormai ex badante/assistente che era, per me, venuta l’ora di cambiare. Si erano create situazioni e comportamenti che mi avrebbero permesso di licenziarlo in tronco per giusta causa: mi aveva più volte lasciato solo senza avvertire, lavorava con sufficienza e grande insofferenza. Nonostante questo, visto che il rapporto lavorativo di convivenza durava da quasi quattro anni, ho voluto dargli il tempo di trovarsi un nuovo lavoro e una nuova sistemazione.
Devo fare un passo indietro per farvi capire meglio il rapporto e la situazione agiata famigliare nella quale ha sguazzato a suo piacimento. Tanto per cominciare aveva una camera con bagno in una casa a piano terra, con ampio giardino a disposizione, in un comprensorio di tre palazzine immerso nel verde e dotato di una splendida piscina. Dopo un anno e mezzo di lavoro ho esaudito il suo desiderio di ricongiungimento famigliare, lasciando che la moglie lo raggiungesse e ospitandola a costo zero, senza farla lavorare. A distanza di un altro anno gli è nato un figlio, che io e tutta la mia famiglia abbiamo accolto con gioia. Mia madre, soprattutto, si è occupata del pargolo come fosse suo nipote, insegnando alla coppia di genitori novelli (e sprovveduti) come crescerlo; comprandogli vestiti e materiale utile alla sua gestione. Ho continuato a ospitare la famigliola facendomi carico di tutte le spese: gas, luce, acqua. E vi assicuro che il terzetto non faceva nulla per risparmiare su alcun fronte, cucinando a spron battuto e usando stufe elettriche (naturalmente di nascosto), nonostante ci fosse un impianto di riscaldamento autonomo.
Tornando al presente, dopo un mese dall’avvertimento verbale, come prevede la legge, gli ho consegnato la lettera di preavviso di licenziamento con data di scadenza al dieci Luglio. Passato ancora qualche giorno, il fido badante si è presentato con un TFR (trattamento di fine rapporto) fatto dalla CGIL per una cifra pari a Euro 7500. Apro una piccola parentesi: pochi mesi fa mi ha chiesto un anticipo di Euro 1800, perché il padre stava male, che gli ho prontamente dato. Quindi il totale per tre anni e nove mesi di lavoro (con tredicesime pagate regolarmente e gran parte delle ferie anche), secondo il sindacato, ammontava a Euro 9300. Sicuro dell’infondatezza del documento, ho chiamato il mio commercialista che da anni mi assiste in queste vicende, senza mai avere il minimo problema con nessuno dei badanti che si sono alternati, e gli ho chiesto di calcolarmi il TFR. Risultato: Euro 6160. Ho presentato il documento e, per tutta risposta, il ragazzo ha dato in escandescenza dicendo che il conteggio del commercialista era falso, e minacciando che non avrebbe lasciato casa se non gli avessi corrisposto la cifra segnalata dal sindacato. Cercando di mantenere calma e toni bassi gli ho proposto un’altra via: io faccio fare il conteggio sulla busta paga a un altro consulente del lavoro con il quale non ho rapporti di conoscenza, e tu fai controllare il tuo dal sindacato. Risultato: il mio era pressoché identico a quello precedente, mentre il suo, conteggiato dalla SILE (altro sindacato), questa volta ammontava a circa 13000 Euro. L’affidabilità dei sindacati mi sembra rassicurante. Altro giro altre escandescenze, questa volta condite da minacce, insulti e comportamenti al limite della violenza anche contro miei amici che cercavano di farlo ragionare. Ho atteso ancora un giorno, badate bene tenendo in casa una persona che dava seri segni di squilibrio, con l’impossibilità di difendermi – vista la mia condizione di disabilità – da eventuali attacchi fisici. Ho poi cercato ancora una risoluzione pacifica, spiegandogli che non era mia intenzione approfittarmi di lui, né allo stesso tempo volevo pagare più del dovuto. Ponendolo di fronte al fatto che i conteggi dei due diversi consulenti erano quasi identici, questo a prova lampante degli errori dei sindacati. A quel punto ha cercato di contrattare chiedendomi 7000 euro, come fossi in un bazaar a fare shopping. Mi sono rifiutato cercando, ancora bonariamente, di fargli capire che ero pronto a pagare il giusto, senza prestarmi a contrattazioni truffaldine. La ricattatoria risposta finale, sempre con toni sopra le righe, è stata: o mi dai quello che chiedo, o io occupo la stanza. Davanti al ricatto, alle minacce e agli evidenti segni di squilibrio mentale, non ho avuto altra scelta che chiamare la polizia. Ho spiegato agli agenti tutto quello che era successo, sottolineando il fatto che, nella mia condizione, non mi sentivo più al sicuro con questa persona in casa. Per farla breve, nonostante avessero capito la situazione, non potevano buttarlo fuori a causa della presenza del bambino. Mi hanno consigliato di corrispondergli ciò che chiedeva per chiudere subito la questione. Ho contattato il mio avvocato, che mi ha dato lo stesso consiglio. Quindi, mio malgrado, ho dovuto sottostare all’ingiusto ricatto.
Adesso mi chiedo: perché io non sono in nessun modo tutelato dalla legge italiana? Perché lo stato dove vivo e dove pago le tasse tutela una persona che mi sta palesemente truffando? A chi mi devo rivolgere per difendere i miei diritti e la mia persona? Avrei forse dovuto ingaggiare un paio di buttafuori? Perché non esiste un organo dello stato che controlla e fornisce personale affidabile, e si fa carico di eventuali questioni di questo tipo?
Il paese dove vivi dovrebbe farti sentire protetto e tutelato. Qui, purtroppo, si tutelano ladri e truffatori, a tutti i livelli. Sono stanco e sfiduciato, e credo sia venuto il momento di trovare un paese civile dove andare a vivere.
Dulcis in fundo, per chi non avesse ancora inquadrato bene il personaggio, dopo aver svuotato la stanza, nel momento in cui finalmente stava uscendo di casa, ha avuto il coraggio e la faccia tosta di chiedermi trenta euro arretrati di pulizie della casa...Potete immaginare la mia lunga risposta.